a cura di: Marco Forti

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17. kamae wa shoshinsha ni ato wa shizentai
(mantieni la posizione di guardia, la posizione naturale è solo per praticanti di alto livello)

Tutte le arti marziali hanno delle posizioni di guardia.
Il Karate ha numerose posizioni di guardia che sono specifiche e uniche in quanto ad efficacia ed efficienza.
Queste forme di kamae si sono evolute grazie alle ricerche e alle esperienze di maestri di Karate del passato e sono state tramandate dai maestri agli allievi. Quando si decide di iniziare lo studio del Karate è importante approfondire tutte le forme di kamae.

All'inizio della pratica è fondamentale esercitarsi nelle differenti forme di kamae senza però restarne imprigionati, mantenendo quindi la capacità di muoversi liberamente.
In seguito si può utilizzare la posizione naturale e questo trova un collegamento con il vecchio principio secondo il quale «nel karate non c'è posizione di guardia».
Poiché sappiamo che nel Karate ci sono posizioni di guardia, l'affermazione di cui sopra appare contraddittoria.
L'apparente paradosso può essere chiarito leggendo la seguente affermazione:"Nel karate non ci sono posizioni di guardia, esse sono nella mente di ciascun praticante".

Questo concetto è stato più volte ribadito:
"Non essere eccessivamente preoccupato dal pensiero dell'effettiva correttezza della tua posizione di guardia".

"Non importa quanto possa apparire impenetrabile la tua posizione di guardia se la tua mente è annebbiata".

"Non importa quanto possa essere apparentemente vulnerabile la posizione di guardia del tuo avversario. Se la tua mente è pronta devi agire sempre con la massima cautela."
È altresì un errore farsi catturare dalla posizione di guardia nella nostra mente, come recita un vecchio poema:

È la stessa mente
Che porta la mente alla deriva
Della mente,
Non essere inconsapevole.

In altre parole dobbiamo sempre stare in guardia da noi stessi. Se ad esempio focalizziamo troppo la nostra attenzione sul kamae mentale e tralasciamo la parte fisica, diventiamo vulnerabili.
Quanto sopra esposto ci porta a capire che anche l'affermazione "nel karate non ci sono posizioni di guardia, esse sono nella mente di ciascun praticante" rappresenta solo una fase intermedia nella via della comprensione.
La fase successiva ci porta ad affermare che "nel karate non ci sono posizioni di guardia, nella mente di ciascun praticante non ci sono posizioni di guardia".
Quando il praticante riuscirà a comprendere il significato di quest'ultima affermazione, non avrà più la necessità di prepararsi mentalmente poiché sarà giunto al livello in cui gli sarà possibile reagire automaticamente all'azione del proprio avversario.

Ma come si può raggiungere questo stato di non guardia?
La risposta sta nella capacità di coltivare una mente imperturbabile, libera da ogni agitazione.
Come uno specchio lucido riflette fedelmente l'immagine della luna in cielo o del volo di un uccello, la mente calma permette di giudicare correttamente ogni situazione.
Paradossalmente la posizione naturale (shizentai) è una non guardia che implica infinite guardie.

Il diciassettesimo principio sottolinea la profondità degli illimitati metodi di allenamento che il praticante di Karate può perseguire.
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fine diciottesima parte ....

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giovedì 26 novembre 2009

a cura di: Marco Forti

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16. danshi mon wo izureba hyakuman no tekki ari
(quando esci dal tuo cancello affronti un milione di nemici)

Questo principio è riportato anche in un antico proverbio: "Quando un uomo oltrepassa la soglia della propria abitazione ha di fronte sette nemici".
Naturalmente i numeri "sette" e "un milione" non devono essere intesi in senso letterale ma come indicazione generica del termine "numerosi".
La negligenza è un grande nemico quando lasciamo la sicurezza della nostra casa. Se non siamo nel massimo della forma sia fisica che mentale, saremo vulnerabili ad attacchi ed attrarremo problemi.
Il racconto che segue, narrato dal Maestro di Karate Kenwa Mabuni (fondatore dello stile Shito Ryu - ndt), illustra il sedicesimo principio:

«Il Maestro Yasutsune Itosu, un esperto di Karate che visse pienamente fino all'età di 85 anni, aveva l'abitudine di fermarsi ed inchinarsi di fronte all'altare shintoista ogni volta che stava per uscire di casa.

Un giorno, superando la mia reticenza, gli chiesi quale richiesta inviava agli dei quando pregava.
Mi rispose che quando un uomo anziano come lui usciva di casa era solo grazie all'intercessione degli dei se non veniva colpito dal calcio di un cavallo o investito da un carro e poteva tornare a casa sano e salvo. Proprio la richiesta di essere protetto, di poter portare a termine i propri compiti e di poter tornare a casa sano e salvo erano quindi l'oggetto della sua preghiera quotidiana.

Allora ero ancora nel pieno del vigore giovanile e pensai che fosse una cosa stupida vista la grande abilità del Maestro Itosu come artista marziale. Solo ora ripensando a quelle parole mi rendo conto di quanto fossero profonde e sagge».
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giovedì 19 novembre 2009

a cura di: Marco Forti

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15. hito no te ashi wa ken to omoe
(pensa alle mani e ai piedi del tuo avversario come fossero spade)

Poiché le mani e i piedi di un esperto praticante di Karate-do possono rappresentare la stessa pericolosità di una spada, questo principio va interpretato in senso letterale.
Se approfondiamo l'esame ci rendiamo conto però che anche le mani e i piedi di un non-praticante possono ugualmente rappresentare una minaccia. Quando la sopravvivenza è in gioco, anche una persona non allenata nelle arti marziali diventa capace di una forza senza pari.
Quando una persona senza conoscenze di arti marziali combatte con tutto il suo cuore e la sua anima per salvare la propria vita, un praticante alle prime armi non ha possibilità di resistergli. Un antico detto recita: «Un topo costretto in un angolo morde anche un gatto».
Per prima cosa è importante non farsi prendere da un eccesso di fiducia nelle proprie capacità e dall'arroganza a causa delle proprie abilità e della propria forza. Trovandosi di fronte ad un avversario, sia o no praticante di arti marziali, è importante non sottovalutarne le potenzialità ma mantenere la calma e agire con rispetto e con la massima determinazione e decisione nel proposito di difendere se stessi.
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fine sedicesima parte ....

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venerdì 13 novembre 2009

a cura di: Marco Forti

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14. tattakai wa kyo-jitsu no soju ikan ni ari
(il risultato di una battaglia dipende da come si gestisce il vuoto e il pieno)

La forma di un esercito deve imitare l'acqua. L'acqua lascia l'alto e scorre verso il basso; i soldati devono evitare di fronteggiare la forza degli avversari attaccando i punti deboli dell'esercito nemico.
L'acqua regola il proprio flusso adattandolo alla forma del terreno; un esercito raggiunge la vittoria quando è in grado di rispondere adeguatamente alle azioni del nemico.

Così possiamo affermare che non c'è un comportamento standard nelle operazioni militari, così come non esiste una forma predefinita per l'acqua.
Chi riesce a vincere adattandosi con abilità alla forza e alla debolezza del nemico è uno stratega di alto livello.
Sun Tzu
(L'Arte della Guerra)

Nel guidare un'armata è di fondamentale importanza essere fluidi come l'acqua; flessibili piuttosto che rigidi. Gli eserciti devono muoversi con abilità adattandosi alle situazioni create dai nemici.
Naturalmente questi concetti, espressi da Sun Tzu in relazione alle strategie militari, possono essere applicate agli aspetti tecnici del combattimento individuale del Karate-do come ai confronti e alle sfide che ogni giorno ci troviamo ad affrontare.
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fine quindicesima parte ....

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giovedì 5 novembre 2009

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