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di Marco Forti

I RIFLESSI DEL CONFUCIANESIMO SULLE ARTI MARZIALI

Per oltre duemila anni tutti gli aspetti delle civiltà cinese e, di riflesso, giapponese sono state influenzate dal Confucianesimo; non deve meravigliarci quindi che anche le arti marziali ne abbiano subito l’influsso.
Oltre allo studio degli antichi classici, della calligrafia, dell’etichetta e della musica, lo stesso Confucio consigliava ai giovani il tiro con l’arco, di cui si dice fosse maestro, e la conduzione dei carri da guerra.
Il rituale che ancor oggi esiste nelle arti marziali è di stretta derivazione confuciana.
Ne fanno parte la cerimonia del saluto, il rapporto maestro-allievo e quello tra allievi anziani e nuovi allievi, il rispetto dei gradi, la cortesia, il rispetto per i capiscuola, il sentimento di riverenza verso il maestro. Tutto questo non come formalismo, ipocrisia o semplice esteriorità ma come manifestazione sincera di uno stato d’animo interiore.

Confucio scriveva:

“Di tutte le cose necessarie alla vita i riti sono la più importante.
Senza di essi non è possibile stabilire gli onori dovuti
agli spiriti del cielo e della terra,
distinguere il governante dal suddito, il superiore dal subordinato,
gli anziani dai giovani.
Il rispetto per gli altri e per sé stessi è la base dei riti.
Il coraggio non adeguato ai riti è violenza”.

Ciò ben si adatta alle arti marziali che, se private del loro millenario rituale, rischierebbero di perdere il loro spirito autentico diventando attività violente e diseducative o, nella migliore delle ipotesi, semplici sport.

giovedì 16 settembre 2010

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