di Shigeru Egami
Tratto da: «The Heart Of Karate-Do» - Kodansha International
Traduzione di Marco Forti


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Devo ammettere che in quei giorni ero arrogante e, di conseguenza, dovevo sicuramente apparire antipatico agli altri. 
Comunque decisi che avrei provato a seguire gli insegnamenti del Maestro, almeno nel non colpire fino a che non ci fosse altra alternativa, dopodiché però avrei colpito in modo da atterrare il mio avversario con un solo colpo. Decisi inoltre che avrei posto particolare attenzione nel non far vedere al mio avversario quale colpo avrei usato prima di aver raggiunto il bersaglio. 
Da bambino ero molto debole. Solo con l'allenamento iniziai ad avere fiducia nella forza delle mie braccia e fu con il duro allenamento che le rafforzai ulteriormente come rafforzai tutto il mio corpo. Fu ancora grazie al duro allenamento che riuscii a superare le numerose malattie di cui fui vittima. Ma questo solo perché ero giovane, tra i venti e i trent'anni. 
Dopo il diploma entrai nel servizio civile ma divenni presto insoddisfatto e iniziai a lavorare per una società privata. Ancora infelice del mio lavoro mi misi in proprio. Ancora cambiai lavoro più volte. Sebbene non sappia spiegarne la ragione, l'unica cosa in cui fui costante in tutti questi anni, fu la mia pratica del Karate. In parte a causa della mia esperienza con diversi tipi di lavoro e in parte a causa del mio divenire più vecchio e maturo, il mio allenamento nel karate cambiò, sia nello stile che nei contenuti. 
Fu mentre avevo da poco superato i quarant'anni che un incidente mi fece capire che l'allenamento reale non era il semplice perfezionamento di tecniche per il combattimento. 
Allora inizia la ricerca della comprensione degli aspetti spirituali del Karate-do. 
Un giorno, mentre stavo bevendo vino con un amico, fummo circondati da una banda di una decina di spacconi che stavano chiaramente cercando la rissa. Immediatamente lanciai una buona occhiata a quegli uomini che erano improvvisamente divenuti miei avversari e cercai un'apertura che mi potesse permettere di rompere quell'accerchiamento. 
Presto comunque mi chiesi che senso potesse avere lo scontro. Vincere o perdere, non ci sarebbe stato onore. 
Anche se avessi vinto ci sarebbe stato uno scandalo e sarei quindi stato un perdente. 
Fossi stato nel periodo della mia gioventù, avrei sicuramente preso l'iniziativa per poter attaccare per primo e prendere i miei avversari alla sprovvista. Ma quella volta rimasi calmo, cercai una soluzione che potesse consentire a tutti di rimanere illesi. 
Sono felice di dire che riuscii a dissuadere la banda dalla rissa. 
E fu proprio in quel momento che mi resi conto di essere riuscito ad uscire dal mondo del combattimento, sebbene fossi comunque convinto che la mia forza e la mia tecnica fossero di un livello tale da consentirmi di non perdere di fronte a qualsiasi giovane. 
Poco dopo quell'incidente fui sottoposto ad un intervento per la rimozione di parte del mio stomaco e, dopo un anno, ad un'altra simile operazione. 
Poiché persi la forza di cui andavo così fiero, non potei più praticare karate. Ancora più serie erano le difficoltà a condurre una vita normale. 
Ripenso a quel periodo, durante il quale ero caduto in una forte disperazione, come al peggior periodo della mia vita. 
Ma allora ricordai le altre parole del Maestro Funakoshi: "l'allenamento nel karate deve essere quello praticabile da tutti, dai vecchi come dai giovani, dalle donne, dai bambini e dagli uomini." Con queste parole in mente presi la decisione di vedere se mi fosse possibile praticare anche se mi trovavo in pessime condizioni fisiche. 
I risultati furono rassicuranti e trovai che mi era possibile praticare grazie all'oculata scelta di certi metodi. Avendo successo decisi di votare il resto della mia vita alla pratica del karate.

venerdì 12 febbraio 2010

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